Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce” (B. Pascal)
Ho deciso di partire per l’India dopo un inaspettato dolore.

L’ ho portato via con me, dall’altra parte del mondo, a Mumbai, slum di Wadala. Era novembre 2007 e se avessi seguito la ragione questo viaggio nonlo avrei mai fatto. In pochi giorni ho preparato i documenti, fatto le vaccinazioni del caso e comprato il biglietto aereo. Nella valigia solo qualche vestito, litri di Amuchina e l’immancabile naso rosso.
Quando sono rientrata ho iniziato più volte a scrivere il diario di viaggio, ma ogni riga veniva subito dopo cancellata. Questo perché ci sono circostanze in cui le parole non sono abbastanza per descrivere emozioni, sensazioni, pensieri. Perché l’India e la sua gente non le puoi descrivere, ma solo viverle. Con tutti i cinque sensi, ma soprattutto con l’anima.

Mumbai è una città che travolge. Già all’arrivo, varcata l’uscita dell’aeroporto, sono stata accolta dall’odore forte, troppo forte di smog e dal caos delle strade. La prima cosa che ho capito è che qui ,tutto ciò che per noi occidentali è un’eccezione, è la normalità. A partire dalle macchine per strada. Sembrano impazzite come in un videogame. Non scorrono ma zigzagano, i clacson non smettono mai di suonare, le persone e gli animali camminano tranquillamente nel traffico. Per noi è il caos più assoluto, in questa metropoli è la quotidianità. Lungo il tragitto che ci separava dalla missione dove avremmo alloggiato, ovunque ci girassimo era una distesa di baraccopoli, case al limite della vivibilità, annerite dallo smog, circondate da sporcizia.
Quello che per noi sono le periferie pericolose della città, da sgomberare perché culla di microcriminalità, a Mumbai sono il cuore pulsante della città. Una cosa mi ha subito colpito. Sull’uscio di quasi tutte le baracche, c’era la scritta “Welcome”, benvenuti. Mi
sembrava quasi uno scherzo perché eravamo ai margini della vita.
E allora benvenuti a Mumbai la città dove tutto è relativo, dove niente è come sembra, dove la gente vive, mangia, si lava e dorme sul ciglio della strada, rovista tra i rifiuti alla ricerca di qualcosa che resta, dove i bambini sbucano ad ogni angolo, a volte sporchi e scalzi, a volte con la divisa linda della scuola, giocano o studiano tra rifiuti ed escrementi di animali ma sempre pronti a sorridere. Benvenuti dove, a qualunque ora del giorno e della notte, c’è sempre movimento, un dinamismo senza fine, dal barbiere alle donne nei sari colorati che intrecciano cestini e ai fruttivendoli che separano mazzetti di verdure da accostare con sapienti abbinamenti cromatici.
Solo alla fine del mio viaggio mi dissero che Mumbai è detta anche la città che non dorme mai. Una città insonne per bramosia di vita.
Durante il nostro soggiorno abbiamo attraversato diverse baraccopoli. Eravamo cinque stranieri in zone poco
battute da turisti. All’inizio guardati con stupore, ma dopo poco salutati con calore. Namastè.
Ed ecco che non ti senti più uno straniero fuori posto, ma uno di casa. E non ti stupisci quando ti scopri a mangiare con le mani sporche, a dormire in posti dove non avresti mai pensato di poterlo fare, a camminare scavalcando corpi per strada e ad abbassare lo sguardo perchè sembra di violare l’intimità di chi ci vive in quelle strade.
Nella missione siamo stati accolti benissimo, un’ospitalità inaspettata. Per non parlare dei bambini, abituati da subito alle difficoltà della vita ma non per questo tristi, ma anzi più svegli e più responsabili di tanti loro coetanei occidentali, abituati a divertirsi con niente, a sorridere sempre, a prenderti per mano per farti vedere la loro vita , a ringraziarti con balli e canti per il solo fatto che ci sei e che sei lì con loro.
”Didi come and see”, sorella vieni a vedere. A vedere che si può giocare con un destino che ti fa nascere da questa parte del mondo, con un destino che dovremmo, talvolta, accettare con più serenità ringraziando ogni minuto che ci è concesso di vivere. A vedere che la bellezza può essere anche nel fango e nella miseria. E’ solo una questione di sguardo. Ed e’ questo forse il souvenir più bello che si porta con sè al
rientro da un viaggio così. Quindi arrivederci Mumbai, città che ti accoglie con tutta la sua povertà e ti rimanda indietro ricco ma, soprattutto consapevole che sei e sarai sempre qualcuno anche se non hai nulla.
Questo diario di viaggio è dedicato a tutti quelli che, almeno una volta nella vita, si sono sentiti “bambini sperduti”
Didi Fabiana - Claun Metrella