2009 e 2010. Due viaggi in India molto diversi tra loro. Il primo viaggio era intriso di paure e diffidenze per le possibili malattie, la sicurezza, il cibo. Ho trovato l’India affascinante per le sue diversità, caratterizzata dal brulicare infinito di persone, il continuo andirivieni, tanti odori e tutto ciò che normalmente si può leggere in una guida turistica.

Sono rimasta colpita dalla gente che dormiva per strada avvolta in coperte colorate come bruchi nei loro bozzoli, la nostra jeep che zigzagava per evitarli, la vita comune delle persone in stretta intimità con le mucche (sacre) e tanti cani randagi che sembravano un tutt’uno armonioso con quel contesto.
Il secondo viaggio invece è stato libero da quasi tutte le paure e straripante di voglia di rivedere le bambine. Le ho trovate cresciute e ugualmente calorose. Wadala aveva l’aria di casa e la premura delle suore era infinita.
Le bambine di Keshnand mi hanno preso per mano e mi hanno voluto insegnare ciò che loro avevano appreso a loro volta da Suor Joanna… così ho imparato a fare dei cerchietti per i capelli, dei disegni all’hennè, dei passi di danza, delle parole in inglese...
A Uttan sono rimasta colpita dalla grazia e dalla dignità delle piccole (e meno piccole) principesse ospitate.
Con loro ho festeggiato il Diwali e non ho mai visto una tale esplosione di colori, musica, balli e gioia.
Le penso spesso, mi sento un po’ come una zia lontana che spera di tornare presto a trovarle.